V.D., esponente di un partito politico italiano, nel 2013 aveva condiviso sul proprio profilo Facebook una notizia pubblicata da un sito di stampo xenofobo, secondo la quale, a Genova, un “africano” aveva tentato di stuprare due ragazze, poi salvate da un carabiniere. La notizia era accompagnata dall’immagine di Cécile Kyenge, allora Ministro per l’Integrazione con delega alle politiche giovanili. V.D., nel suo post, aveva commentato la notizia con le parole: «Ma mai nessuno che se la stupri, così tanto per capire cosa può provare la vittima di questo efferato reato? Vergogna!».

Quali sono le caratteristiche di questo commento, e perché possiamo dire che tali espressioni diffondono, promuovono o incitano all’odio?

  • Vengono espresse minacce dirette di violenza, stupro e morte verso il Ministro e tutte le persone che condividono lo stesso ideale o valore espresso da lei
  • Il Ministro viene attaccato pubblicamente su caratteristiche identitarie e di genere, quindi personali.

Un linguaggio d’odio è considerato hate speech solo se ha rilevanza mediatica e venga diffuso da più persone oltre all’autore originario?

  • Tutte le espressioni d’odio scritte o dette per istigare violenza verso una categoria di persone sono considerate hate speech.
  • I discorsi d’odio sono ritenuti illegali indipendentemente dalle possibilità di diffusione e seguito che le affermazioni possono avere. Il diritto ci tutela vietando qualsiasi tipo di espressioni di questo tipo da parte di tutti e tutte e prevedendo, in alcuni casi specifici, aggravanti per chi usa la propria posizione di rilevanza mediatica, politica o sociale per divulgare espressioni di odio e intolleranza.

In che modo Cécile Kyenge è stata tutelata?

V.D. è stata condannata, sia in primo grado sia in appello, per il reato di istigazione alla violenza per motivi razziali. La Corte di Cassazione ha successivamente rigettato il ricorso promosso dalla difesa e ha quindi confermato la sentenza di condanna alla pena, condizionalmente sospesa, di un anno e un mese di reclusione. Questo caso è di particolare interesse, perché mostra la notevole rilevanza non solo sociale, ma soprattutto giuridica e penale, di quanto venga pubblicato sulle piattaforme Social Network.