La giurisprudenza in materia di hate speech e molto vasta, complessa e in continuo aggiornamento. Sia sul piano del diritto internazionale che europeo vi è una certa uniformità di pensiero rispetto alla necessità di contrastare il fenomeno dei discorsi d’odio attraverso il diritto. Anche l’Italia ha seguito questa linea, prevedendo delle sanzioni di carattere penale per contrastare i discorsi d’odio. Questo significa che di fronte ad un atto di hate speech siamo tutelati a diversi livelli giuridici e possiamo appellarci a diverse leggi specifiche. Di seguito analizzeremo la legge italiana di riferimento per la tutela dei nostri diritti nel caso di incitamento all’odio.

Dal 2018 è stato inserito nel Codice Penale un articolo specifico per il reato di istigazione all’odio. L’attuale norma di riferimento è, pertanto, il nuovo articolo 604-bis c.p. Nel momento in cui si scrive, la legge italiana punisce soltanto le fattispecie di hate speech di carattere razziale, etnico, nazionale o religioso. Tuttavia, è in fase di discussione un’estensione della legge in modo tale da includere tra le categorie protette l’orientamento sessuale, l’identità di genere e il genere.

COME FUNZIONA QUESTA LEGGE?

L’art. 604-bis c.p. punisce:

A. con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;

B. con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;

C. vieta ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Chi partecipa a tali organizzazioni, è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell’assistenza , con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da uno a sei anni;

D. si applica la pena della reclusione da due a sei anni se la propaganda ovvero l’istigazione e l’incitamento, si fondano in tutto o in parte sulla negazione, sulla minimizzazione in modo grave o sull’apologia della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale.

Cosa avrebbe potuto fare la ragazza vittima delle offese

Qualora lo volesse dunque, la ragazza del nostro esempio potrebbe sporgere denuncia contro gli autori dei commenti alla sua foto appellandosi all’art. 604-bis, in quanto questi esprimono minacce di violenza e attaccano pubblicamente la sua persona sulla base di caratteristiche fisiche e private. La ragazza avrebbe potuto, inoltre, segnalare il contenuto dei commenti tramite gli strumenti messi a disposizione dalle piattaforme digitali che ospitavano i vari articoli, oppure avrebbe potuto porgere la segnalazione direttamente alla polizia postale. Un’altra soluzione sarebbe stata quella di rivolgersi alle associazioni o enti specializzati nell’anti-discriminazione e diritto online.