L’articolo 612-bis, intitolato “Atti persecutori”, ha come fine quello di punire le condotte di stalking e cyberstalking.

L’articolo è collocato all’interno della sezione espressamente dedicata ai delitti contro la libertà personale e, più nello specifico, all’interno del capo dedicato ai delitti contro la libertà morale. Per “libertà morale” si intende il diritto che ciascuno di noi ha di poter determinare le proprie scelte senza “intrusioni” esterne. La scelta di criminalizzare tali condotte è quindi mossa dalla constatazione che esse determinano nella loro vittima uno stato di malessere psicologico che pregiudichi fortemente la possibilità di condurre una vita serena e a tutti gli effetti “libera”.

In effetti, secondo il primo comma, il delitto di atti persecutori consiste nella condotta di colui che, con condotte reiterate, minaccia o molesta un’altra persona in modo tale da determinare uno dei seguenti risultati nella vita della vittima:

  • Un perdurante e grave stato di ansia o di paura;
  • Un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona legata affettivamente alla vittima;
  • La costrizione ad alterare le proprie abitudini di vita.

Questi tre risultati sono previsti come condizioni tra loro alternative ai fini della sussistenza del reato. Questo significa che è sufficiente che gli atti persecutori posti in essere dallo stalker determinino anche una sola di queste conseguenze, e non necessariamente tutte e tre.

La pena è quella della reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.

Le condotte che possono costituire atti persecutori sono, secondo il codice penale, le minacce e/o le molestie.

  • Le minacce possono essere definite come la “prospettazione di un male futuro o prossimo”, la cui verificazione dipende dalla volontà del soggetto che minaccia.
  • Le molestie sono, invece, quelle attività che alterano dolorosamente o fastidiosamente l’equilibrio psicofisico normale di un individuo.

Il continuo invio di e-mail e messaggi, soprattutto se offensivi e aggressivi, così come l’insistenza nelle telefonate, i pedinamenti e gli appostamenti sotto casa, la pubblicazione di post denigratori e offensivi diretti alla vittima sul proprio profilo all’interno di un social network, gli atti di vandalismo, gli atti di bullismo ecc. costituiscono esempi di minaccia, non solo minaccia di morte o di danni fisici, ma anche la prospettazione di pubblicare fotografie intime di una persona (magari al fine di ottenere ulteriori contenuti erotici).