LA CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

HATE SPEECH E LIBERTÀ D’ESPRESSIONE NEL SISTEMA DELLA CEDU: L’ART. 10

Nel 1949, l’Italia è entrata a far parte del Consiglio d’Europa, un’organizzazione internazionale attualmente composta da 47 Stati europei. Uno dei maggiori prodotti del Consiglio d’Europa, il quale deve essere tenuto distinto dalla ben diversa Unione Europea, è la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (1950), più comunemente nota come Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). Tutti gli Stati facenti parte del Consiglio d’Europa sono tenuti ad assicurare, entro il proprio territorio, il rispetto dei diritti umani tutelati dalla convenzione. La vigilanza sulla corretta applicazione della CEDU è affidata alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Corte EDU), sita a Strasburgo, cui si possono rivolgere i soggetti i quali ritengano che i propri diritti umani siano stati violati da uno degli Stati contraenti.

All’interno della giurisprudenza 5 della Corte di Strasburgo si possono trovare numerosi casi concernenti il rapporto tra libertà d’espressione ed hate speech. Con riferimento a tali decisioni, la norma di riferimento è costituita dall’articolo 10 della CEDU.

Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, Articolo 10 (Libertà di espressione)

Art. 10:
1. Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. Il presente articolo non impedisce agli Stati di sottoporre a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, cinematografiche o televisive.
2. L’esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario.
Criteri per l’imposizione di restrizioni e limitazioni alla libertà di espressione
  • Previsione legislativa;
  • Necessità della misura in una società democratica (proporzionalità):
    • Scopo;
    • Contenuto;
    • Contesto (status e ruolo di chi abbia pronunciato il discorso; status e ruolo del target; diffusività del discorso e potenziale impatto);
    • Natura e gravità della misura adottata;
  • Perseguimento di un fine legittimo:
    • Sicurezza nazionale, integrità territoriale o pubblica sicurezza;
    • Difesa dell’ordine e prevenzione dei reati;
    • Protezione della salute o della morale;
    • Protezione della reputazione o dei diritti altrui;
    • Per impedire la divulgazione di informazioni riservate;
    • Per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario.

HATE SPEECH COME ABUSO DI DIRITTO: IL RAGGIO DI AZIONE DELL’ARTICOLO 17 CEDU

Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, Articolo 17 (Divieto dell’abuso di diritto):
Nessuna disposizione della presente Convenzione può essere interpretata nel senso di comportare il diritto di uno Stato, un gruppo o un individuo di esercitare un’attività o compiere un atto che miri alla distruzione dei diritti o delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione o di imporre a tali diritti e libertà limitazioni più ampie di quelle previste dalla stessa Convenzione.
Applicazione giurisprudenziale della norma:
  • Negazionismo relativo all’Olocausto (Garaudy c. Francia);
  • Antisemitismo (Ivanov c. FranciaM’bala M’bala c. Francia);
  • Islamofobia (Norwood c. Regno Unito).